Ricorso ex art. 127, Costituzione del  Presidente  del  Consiglio
dei ministri rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura  generale
dello Stato codice fiscale n.  80224030587,  fax  06/96514000  e  PEC
roma@mailcert.avvocaturastato.it,  presso  i  cui  uffici   ex   lege
domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12, manifestando la volonta'
di     ricevere     le      comunicazioni      all'indirizzo      PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it,  nei  confronti  della  Provincia
autonoma di Bolzano - Alto Adige  in  persona  del  presidente  della
Provincia  pro  tempore  per  la  dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale degli articoli 16, commi 3 e 4; 17, comma 3; 18, commi
2, 6 e 7; 19, comma 2;  e  20,  commi  1,  3,  4  della  legge  della
Provincia autonoma  di  Bolzano  13  ottobre  2017,  n.  17,  recante
«Valutazione ambientale per piani, programmi e progetti»,  pubblicata
nel Bollettino Ufficiale n. 42/I-II del 17 ottobre 2017,  supplemento
n. 3, giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 11  dicembre
2017. 
    Con la legge provinciale n. 17 del 13 ottobre  2017  indicata  in
epigrafe, che consta di quarantotto articoli, la  Provincia  autonoma
di Bolzano - Alto Adige ha dettato  le  disposizioni  in  materia  di
valutazione ambientale per piani, programmi e progetti. E' avviso del
Governo che, con  le  norme  denunciate  in  epigrafe,  la  Provincia
autonoma di  Bolzano  -  Alto  Adige  abbia  ecceduto  dalla  propria
competenza in violazione  della  normativa  costituzionale,  come  si
confida di dimostrare in appresso con  l'illustrazione  dei  seguenti
motivi. 
    Occorre premettere che la legge provinciale n. 17/17 indicata  in
epigrafe,  reca  norme  per  la  valutazione  ambientale  per  piani,
programmi e progetti, che  spaziano  dalla  VAS,  alla  VIA,  all'AIA
contiene  norme  che  eccedono  dalle  competenze  riconosciute  alla
Provincia autonoma di Bolzano dallo statuto  speciale  di  autonomia,
risultando invasive delle competenze esclusive statali in materia  di
livelli essenziali delle prestazioni riguardanti i diritti  civili  e
sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio  nazionale
e di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema,  di  cui  all'art.  117,
comma 2, lettere m) ed s) della Costituzione. 
    Con  decreto  legislativo  16  giugno  2017,  n.  104,  e'  stata
modificata la parte II e i relativi allegati del decreto  legislativo
3 aprile 2006, n. 152 (cosiddetto Codice dell'ambiente) per  adeguare
la normativa nazionale alla direttiva n. 2014/52/UE. 
    Quest'ultima,  a  sua  volta,  ha  modificato  la  direttiva   n.
2011/92/UE al fine, tra l'altro,  di  rafforzare  la  qualita'  della
procedura  di  valutazione  d'impatto  ambientale,   allineare   tale
procedura ai  principi  della  regolamentazione  intelligente  (smart
regulation), rafforzare la coerenza e le sinergie con altre normative
e politiche dell'Unione, garantire il miglioramento della  protezione
ambientale e l'accesso del pubblico alle informazioni  attraverso  la
disponibilita'   delle   stesse   anche   in   formato    elettronico
(considerando n. 3 e n. 18). 
    Il decreto legislativo n. 104/2017 citato e'  stato  adottato  ai
sensi della legge delega n. 114 del 9 luglio 2015  che,  all'art.  1,
prevede il recepimento, tra le altre, della direttiva  n.  2014/52/UE
e, all'art. 14, detta i seguenti principi e criteri specifici che  il
Governo e' tenuto a seguire per il recepimento: 
        a) semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione  delle
procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione  al
coordinamento  e  all'integrazione  con  altre  procedure  volte   al
rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale; 
        b)  rafforzamento   della   qualita'   della   procedura   di
valutazione di  impatto  ambientale,  allineando  tale  procedura  ai
principi della regolamentazione  intelligente  (smart  regulation)  e
della coerenza e delle  sinergie  con  altre  normative  e  politiche
europee e nazionali; 
        c) revisione e razionalizzazione del sistema sanzionatorio da
adottare ai sensi della direttiva 2014/52/UE,  al  fine  di  definire
sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive  e  di  consentire  una
maggiore efficacia nella prevenzione delle violazioni; 
        d)  destinazione  dei  proventi  derivanti   dalle   sanzioni
amministrative  per  finalita'  connesse   al   potenziamento   delle
attivita' di vigilanza, prevenzione e monitoraggio  ambientale,  alla
verifica del rispetto delle condizioni previste nel  procedimento  di
valutazione  ambientale,  nonche'  alla  protezione  sanitaria  della
popolazione in caso di incidenti o calamita' naturali, senza nuovi  o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 
    In linea con tali obiettivi il decreto  di  attuazione  introduce
nuove norme che rendono maggiormente efficienti le procedure  sia  di
verifica di assoggettabilita' a valutazione di impatto ambientale sia
della valutazione  stessa,  che  incrementano  i  livelli  di  tutela
ambientale e che contribuiscono a rilanciare la crescita sostenibile. 
    Inoltre il decreto sostituisce l'art. 14 della legge n.  241/1990
in tema di Conferenza dei servizi relativa a  progetti  sottoposti  a
VIA e l'art. 26 del decreto legislativo n. 42/2004 (Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio) che disciplina il ruolo del Ministero  dei
beni e delle attivita' culturali e del turismo  nel  procedimento  di
VIA. 
    Ai sensi dell'art.  2  della  direttiva,  il  recepimento  doveva
avvenire entro il 16 maggio 2017. Nel rispetto di tale previsione  il
decreto (art. 23) stabilisce che  le  disposizioni  si  applicano  ai
procedimenti di verifica di assoggettabilita' a VIA e ai procedimenti
di VIA avviati dal 16 maggio 2017. 
    Tra le novita' piu' significative introdotte dal  citato  decreto
legislativo vi e' una  nuova  definizione  di  «impatti  ambientali»,
modulata in aderenza alle prescrizioni della direttiva e comprendente
gli effetti  significativi,  diretti  e  indiretti,  di  un  progetto
esclusivamente sui fattori elencati  nella  direttiva,  ivi  compresi
quelli afferenti alla popolazione e alla salute umana, al  patrimonio
culturale e al paesaggio. 
    Le norme della legge provinciale n. 17/2017 indicate in  epigrafe
eccedono dalle competenze legislative statutarie di cui agli articoli
8, 9 e 10, contenuti nel capo  III  (che  elenca  le  funzioni  delle
province) dello statuto speciale della Regione  Trentino-Alto  Adige,
approvato con il decreto del Presidente della  Repubblica  31  agosto
1972, n. 670. 
    1. L'art. 16, comma 3, della legge della  Provincia  autonoma  di
Bolzano - Alto Adige n. 17/2017 citata viola  l'art.  117,  comma  2,
lettera s), della Costituzione, con riferimento all'art. 19, commi  6
e 7, del decreto legislativo n. 152/2006 citato. 
    L'art. 16, comma  3,  della  legge  della  Provincia  di  Bolzano
dispone quanto segue: «L'Agenzia puo' richiedere, per una sola volta,
al proponente integrazioni documentali o  chiarimenti  da  presentare
entro un termine non superiore  a  trenta  giorni.  In  tal  caso  il
termine  per  la  pronuncia  e'  sospeso  fino  al   deposito   della
documentazione integrativa da parte del proponente. Qualora, entro il
termine stabilito,  il  proponente  non  depositi  la  documentazione
completa degli elementi mancanti, l'istanza si intende  ritirata.  E'
fatta salva la facolta' per il proponente di richiedere  una  proroga
del termine di  presentazione  della  documentazione  integrativa  in
ragione della complessita' della documentazione da presentare». 
    Tale previsione  presenta  profili  di  contrasto  con  la  norma
interposta di cui all'art. 19, comma 6, del  decreto  legislativo  n.
152 del 2006, il  quale,  a  sua  volta,  ha  il  seguente  contenuto
precettivo:  «L'autorita'  competente  puo',  per  una  sola   volta,
richiedere chiarimenti e integrazioni  al  proponente,  entro  trenta
giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 4. In tal caso,  il
proponente provvede a trasmettere i chiarimenti richiesti entro e non
oltre i successivi quarantacinque giorni. Su richiesta  motivata  del
proponente l'autorita' competente puo' concedere, per una sola volta,
la sospensione dei termini per la presentazione delle integrazioni  e
dei chiarimenti richiesti per un  periodo  non  superiore  a  novanta
giorni.  Qualora  il  proponente  non  trasmetta  la   documentazione
richiesta entro il termine stabilito, la domanda si intende  respinta
ed  e'  fatto   obbligo   all'autorita'   competente   di   procedere
all'archiviazione». 
    In particolare, il contrasto della disposizione  provinciale  con
quella statale e' apprezzabile sotto i seguenti profili: 
        a) innanzi tutto, la prima non prevede un  termine  temporale
massimo per la richiesta di chiarimenti ed  integrazioni,  mentre  la
seconda individua tale termine in trenta giorni  dalla  scadenza  del
termine di cui al comma 4 della stessa; 
        b) in secondo luogo, il termine entro il quale il  proponente
puo' produrre chiarimenti o integrazioni documentali  e'  fissato  in
trenta giorni dalla norma che  qui  si  contesta,  a  fronte  dei  45
stabiliti dalla norma statale; 
        c) infine, l'art. 16, comma 3,  della  legge  provinciale  in
oggetto  prevede  un  meccanismo  di  sospensione  «automatica»   del
termine, mentre l'art.  19,  comma  6,  del  decreto  legislativo  n.
152/2006 prevede che tale sospensione venga concessa solo  a  seguito
di richiesta motivata del proponente. 
    Infine, deve essere messo in evidenza come il menzionato art. 16,
comma 3, si ponga in contrasto anche con il comma 7 dell'art. 19  del
decreto legislativo  n.  152  del  2006.  Tale  ultima  disposizione,
infatti, prevede che «in casi eccezionali, relativi alla natura, alla
complessita',  all'ubicazione  o  alle   dimensioni   del   progetto,
l'autorita' competente puo' prorogare, per una sola volta  e  per  un
periodo non superiore a trenta giorni, il termine per l'adozione  del
provvedimento di verifica». Tale possibilita' deve, invece, ritenersi
esclusa in base tenore testuale  della  disposizione  provinciale  de
qua. 
    L'evidenziata difformita' della normativa provinciale rispetto  a
quella statale si traduce, per le ragioni illustrate in premessa,  in
una lesione delle competenze legislative esclusive  di  cui  all'art.
117, secondo comma, Cost., in  materia  di  «tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema». 
    La disciplina della VIA, del resto, e'  stata  considerata  dalla
giurisprudenza costituzionale, senza esitazione e  con  un  indirizzo
ormai consolidato, inerente  alla  materia  «tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema» di cui all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost. 
    In merito, tra le molte, si richiama la sentenza n. 186 del  2010
in cui codesta Corte sottolinea di aver «precisato piu' volte che  la
normativa sulla valutazione d'impatto ambientale attiene a  procedure
che  valutano  in  concreto  e  preventivamente  la   «sostenibilita'
ambientale» e che «rientrano indubbiamente nella materia della tutela
dell'ambiente, di cui all'art. 117, comma secondo, lettera s), Cost.»
(sentenza n. 225 del 2009; e n. 117 del 2015). 
    La esclusivita' della competenza statale nella  materia  de  qua,
pur in presenza di talune sovrapposizioni con  «ambiti  materiali  di
spettanza  regionale»,  determina  la  «prevalenza»  della  normativa
statale,  «in  ragione  della  precipua  funzione  cui   assolve   il
procedimento in esame, il citato titolo  di  legittimazione  statale»
(sentenza n. 234 del 2009)». Da cio' la conseguenza secondo la quale,
«le Regioni sono  tenute,  per  un  verso,  a  rispettare  i  livelli
uniformi di tutela apprestati in materia, per l'altro a mantenere  la
propria legislazione negli ambiti di competenza  fissati  dal  Codice
dell'ambiente, nella specie quanto al procedimento di VIA»  (sentenza
n. 186 del 2010). 
    La necessita'  che,  in  ossequio  ai  principi  delineati  dalla
richiamata  giurisprudenza  costituzionale,   che   le   regioni   si
mantengano  «negli  ambiti  di  competenza  fissati  dal  legislatore
statale» nel cosiddetto «Codice  dell'ambiente»  e'  affermata  anche
dalle sentenze n. 300 del 2013, n. 93 del 2013, n.  227  del  2011  e
dalla citata n. 186 del 2010. 
    Nella  presente   fattispecie   assume,   pertanto,   particolare
importanza, da un lato,  l'art.  23,  comma  4,  del  citato  decreto
legislativo n. 104/2017, ai sensi del quale  le  regioni  e  province
autonome sono chiamate, entro centoventi giorni dalla data di entrata
in vigore del medesimo decreto, ad adeguare  il  proprio  ordinamento
alle nuove disposizioni statali;  e,  dall'altro,  l'art.  7-bis  del
citato decreto legislativo n. 152 del  2006,  aggiunto  dall'art.  5,
comma 1, del decreto legislativo n. 104 del 2006. Tale  disposizione,
infatti, prevede che «le Regioni e le Province autonome di  Trento  e
di  Bolzano  disciplin(i)no  con   proprie   leggi   o   regolamenti»
esclusivamente «l'organizzazione e le modalita'  di  esercizio  delle
funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA, nonche'
l'eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agli
altri enti territoriali sub-regionali», e che tale potesta' normativa
«e'  esercitata  in  conformita'  alla  legislazione  europea  e  nel
rispetto di quanto previsto» nello stesso decreto legislativo n.  152
del 2006 «fatto salvo il potere di stabilire  regole  particolari  ed
ulteriori per la semplificazione dei procedimenti, per  le  modalita'
della consultazione del pubblico  e  di  tutti  i  soggetti  pubblici
potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti  e
delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonche' per la
destinazione alle finalita' di cui all'art. 29, comma 8, dei proventi
derivanti    dall'applicazione    delle    sanzioni    amministrative
pecuniarie». 
    Infine, si precisa che  «in  ogni  caso  non  sono  derogabili  i
termini procedimentali massimi di cui agli articoli 19 e 27-bis». 
    I margini di autonomia riconosciuti al  legislatore  regionale  e
provinciale in materia di VIA sono, dunque, limitati a quanto  appena
evidenziato, nel  puntuale  rispetto  delle  previsioni  del  decreto
legislativo n. 152 del 2006, come  modificato  in  conformita'  della
direttiva n. 2014/52/UE. 
    La giurisprudenza di costituzionale  conferma  inequivocabilmente
la predetta ricostruzione delle rispettive competenze in  materia  di
armonizzazione della normativa interna in materia di VIA,  affermando
che «le Regioni sono tenute, per un verso,  a  rispettare  i  livelli
uniformi di tutela apprestati in materia, per l'altro a mantenere  la
propria legislazione negli ambiti di competenza  fissati  dal  Codice
dell'ambiente, nella specie quanto al procedimento di VIA»  (sentenza
n. 186 del 2010 citata; la necessita' costituzionale che  le  regioni
si mantengano «negli ambiti di  competenza  fissati  dal  legislatore
statale» tramite il cosiddetto «Codice  dell'ambiente»  e'  affermata
anche dalle sentenze n. 300 del 2013, n. 93 del 2013, n. 227 del 2011
e  n.  186  del  2010  citate).  Va,  peraltro,  precisato  che  tali
conclusioni  sono  state  ribadite,  da  una   giurisprudenza   ormai
consolidata, anche per le regioni ad  autonomia  speciale  e  per  le
province autonome (sentenze n. 104 del 2008, con rinvio alla sentenza
n. 378 del 2007, n. 225 e n. 234 del 2009 e n. 1 e n. 67 del 2010). 
    Le regioni - sia ordinarie che speciali - e le province  autonome
dispongono, dunque, in materia di VIA di una potesta' legislativa non
dissimile da regolata dall'art. 117, comma 2,  Cost.,  vigente  prima
della riforma costituzionale del 2011, ai sensi del quale  «le  leggi
della Repubblica possono demandare alla regione il potere di  emanare
norme per la loro attuazione». Il titolo  regionale  (e  provinciale)
per la disciplina della VIA, dunque, e' tutto  nella  legge  statale,
non in disposizioni costituzionali o statutarie. 
    Occorre ribadire che la  normativa  regionale  e  provinciale  in
materia di VIA deve rigorosamente mantenersi negli ambiti dalla legge
di     recepimento     della     normativa     comunitaria,      pena
l'incostituzionalita' per violazione del titolo costituzionale su cui
quest'ultima si fonda. In carenza, la legge regionale  o  provinciale
espone lo Stato a responsabilita'  per  inosservanza  degli  obblighi
assunti quale Stato membro dell'Unione europea. 
    E' appena il caso di aggiungere che ne' la legge  delega  per  il
recepimento della direttiva n. 2014/52/UE, ne' il decreto legislativo
16 giugno 2017, n. 104, sono stati impugnati dalla Provincia autonoma
di Bolzano. 
    Alla luce del nuovo quadro normativo sopra  rappresentato  (pagg.
2-4), le impugnate disposizioni della legge  provinciale  n.  17/2017
citata eccedono  al  potesta'  statutaria  e  la  potesta'  normativa
attualmente riconosciuta alle regioni e alle  province  autonome  dal
citato art. 7-bis del decreto legislativo  3  aprile  2006,  n.  152,
citato. 
    Con riferimento alla VIA si rappresenta che  il  contrasto  della
disciplina provinciale con il parametro statale interposto si traduce
immediatamente nella lesione dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera
s), Cost., che affida alla competenza esclusiva  statale  la  «tutela
dell'ambiente e dell' ecosistema». 
    2. L'art. 16, comma 4, viola l'art. 117, comma  secondo,  lettera
s), 4 Cost., in riferimento agli articoli 5, comma 1, lettera o-ter),
e 19, comma 8, del decreto legislativo n. 152 del 2006 citato. 
    L'art. 16, comma 4, della legge provinciale  n.  17/2017  dispone
che  «Se  il  progetto  non   ha   significativi   impatti   negativi
sull'ambiente, l'Agenzia  dispone  l'esclusione  dalla  procedura  di
valutazione ambientale e,  se  del  caso,  impartisce  le  necessarie
prescrizioni». 
    Tale disposizione e' in contrasto con gli articoli  5,  comma  1,
lettera o-ter), e 19, comma 8, del decreto  legislativo  n.  152  del
2006 citato. 
    La prima  delle  norme  citate  prevede,  infatti,  che  «qualora
l'autorita' competente stabilisca di non assoggettare il progetto  al
procedimento di VIA, specifica i motivi principali  alla  base  della
mancata  richiesta  di  tale  valutazione  in  relazione  ai  criteri
pertinenti elencati nell'allegato V, e, ove richiesto dal proponente,
tenendo conto delle eventuali osservazioni del Ministero dei  beni  e
delle attivita' culturali e del turismo per i profili di  competenza,
specifica le condizioni ambientali necessarie per evitare o prevenire
quelli che potrebbero  altrimenti  rappresentare  impatti  ambientali
significativi e negativi». 
    Il menzionato art.  5,  comma  1,  lettera  o-ter),  invece,  nel
definire la nozione di «condizione ambientale  del  provvedimento  di
verifica  di  assoggettabilita'  a  VIA»  dispone  che   essa   debba
intendersi  quale  «prescrizione   vincolante,   se   richiesta   dal
proponente, relativa alle caratteristiche del  progetto  ovvero  alle
misure  previste  per  evitare   o   prevenire   impatti   ambientali
significativi e negativi, eventualmente  associata  al  provvedimento
negativo di verifica di assoggettabilita' a VIA». 
    Pertanto, mentre per la norma della legge provinciale, in caso di
provvedimento   negativo   l'Agenzia   «impartisce   le    necessarie
prescrizioni», le disposizioni nazionali prevedono che le «condizioni
ambientali»  possano  essere  associate  al  provvedimento  solo   se
richieste  dal  proponente  e  siano  necessarie  per  le  specifiche
finalita' di «evitare o prevenire quelli  che  potrebbero  altrimenti
rappresentare impatti ambientali significativi e negativi». 
    Il contrasto della  normativa  provinciale  con  la  disposizione
legislativa statale che si  e'  appena  dimostrato,  per  le  ragioni
illustrate in  premessa  (pagg.  2-4)  e,  comunque,  richiamate  nel
precedente motivo e qui da  intendersi  integralmente  riportate,  si
traduce in una lesione delle competenze legislative esclusive di  cui
all'art. 117, comma 2, Cost., in materia di «tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema» materia in cui, come ricordato, rientra la normativa
in  esame  secondo  il  costante  insegnamento  della  giurisprudenza
costituzionale richiamata. 
    3. L'art. 17, comma 3, viola l'art. 117, comma  secondo,  lettera
s), Cost., in riferimento agli articoli 20, del  decreto  legislativo
n. 152 del 2006 citato. 
    L'art. 17, comma  3,  citato  prevede  che  «il  proponente  puo'
presentare all'Agenzia una bozza  del  progetto  e  dello  studio  di
impatto ambientale, al fine di definire la portata delle informazioni
da includere nel progetto e nello studio di  impatto  ambientale,  il
relativo livello di dettaglio  e  le  metodologie  da  adottare».  La
medesima disposizione precisa che, «a tale scopo il/la presidente del
Comitato ambientale procede alla nomina del Gruppo di lavoro, che  si
pronuncia entro sessanta giorni». 
    La richiamata individuazione del termine di sessanta giorni e' in
palese contrasto con l'art. 20, comma 2, del decreto  legislativo  n.
152 del 2006 citato,  che,  invece,  prevede  un  termine  di  trenta
giorni. 
    Il contrasto della  normativa  provinciale  con  la  disposizione
legislativa statale si traduce, per le ragioni illustrate in premessa
(pagg. 2-4) ed esplicitate nei  precedenti  motivi  e  da  intendersi
integralmente richiamate, in una lesione delle competenze legislative
esclusive di cui all'art. 117, comma 2, lettera s), Cost., in materia
di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema». 
    4. L'art. 18, commi 6 e  7,  viola  l'art.  117,  comma  secondo,
lettera s), Cost., in riferimento agli articoli 27-bis, comma 5,  del
decreto legislativo n. 152 del 2006 citato. 
    Il comma 6, dell'art. 18 della legge provinciale n. 17  del  2017
citata  prevede  che  «Il  proponente  puo'  prendere  visione  delle
osservazioni pervenute e replicare alle  stesse  entro  dieci  giorni
dalla scadenza del termine di cui al comma 4. Entro lo stesso termine
il  proponente  puo'  comunicare  l'intenzione  di   modificare   gli
elaborati, anche a seguito di osservazioni o di  rilievi  emersi  nel
corso dell'inchiesta pubblica. In tal  caso  la  documentazione  deve
essere presentata entro il termine di trenta giorni,  prorogabili  su
istanza  del  proponente  per  giustificati  motivi.  I  termini  del
procedimento si intendono sospesi dalla data della comunicazione fino
alla presentazione della documentazione». 
    Tale disposizione appare in contrasto con l'art. 27-bis, comma 5,
del decreto legislativo n. 152 del  2006  citato,  il  quale  prevede
«Entro  i  successivi  trenta  giorni  l'autorita'  competente   puo'
chiedere al proponente eventuali integrazioni assegnando allo  stesso
un termine non superiore a trenta giorni. Su richiesta  motivata  del
proponente l'autorita' competente puo' concedere, per una sola volta,
la sospensione dei termini per la presentazione della  documentazione
integrativa per  un  periodo  non  superiore  a  centottanta  giorni.
Qualora entro il termine stabilito  il  proponente  non  depositi  la
documentazione integrativa, l'istanza si intende ritirata ed e' fatto
obbligo  all'autorita'  competente  di  procedere  all'archiviazione.
L'autorita' competente, ove motivatamente ritenga che le modifiche  o
le integrazioni  siano  sostanziali  e  rilevanti  per  il  pubblico,
dispone, entro quindici giorni dalla ricezione  della  documentazione
integrativa, che il proponente trasmetta, entro i successivi quindici
giorni, un nuovo  avviso  al  pubblico,  predisposto  in  conformita'
all'art. 24, comma 2, del presente  decreto,  da  pubblicare  a  cura
della medesima autorita' competente sul proprio sito web, di  cui  e'
data  comunque  informazione  nell'albo  pretorio  informatico  delle
amministrazioni comunali territorialmente interessate.  In  relazione
alle  modifiche  o  integrazioni  apportate  al   progetto   e   alla
documentazione,  i  termini  di  cui  al  comma  4  per   l'ulteriore
consultazione del pubblico sono ridotti alla meta'». 
    In particolare, si evidenzia: 
        a) che la modifica degli elaborati e della documentazione  in
base ad una comunicazione da parte  del  proponente,  prevista  dalla
disposizione provinciale, contrasta con la norma  statale,  ai  sensi
della quale le  modifiche/integrazioni  alla  documentazione  possano
essere apportate dal proponente  a  seguito  di  richiesta  da  parte
dell'autorita' competente; 
        b) che la previsione della sospensione del procedimento  fino
alla    data     delle     presentazione     della     documentazione
modificata/integrativa (sempre su iniziativa del  proponente)  e'  in
contrasto con la previsione secondo la quale  l'autorita'  competente
puo' concedere, su richiesta del proponente e per una sola volta,  la
sospensione dei termini per  la  presentazione  della  documentazione
integrativa per un periodo non superiore a centottanta giorni. 
    Il successivo comma 7 dell'art. 18 citato contrasta con la  sopra
richiamata disposizione statale nella parte in cui prevede che «entro
sessanta giorni dalla pubblicazione  dell'avviso  di  deposito  delle
modifiche  del  progetto,  chiunque  abbia  interesse  puo'  prendere
visione del progetto e del relativo  studio  di  impatto  ambientale,
presentare proprie osservazioni, anche  fornendo  nuovi  o  ulteriori
elementi conoscitivi e valutativi in relazione  alle  sole  modifiche
apportate al progetto». 
    Il termine de quo e', infatti, fissato dall'art. 27-bis, comma 5,
del decreto legislativo n. 152 del 2006 citato, tramite un rinvio  al
precedente comma 4, in trenta giorni. 
    Dalla difformita' della  disciplina  statale  rispetto  a  quella
provinciale deriva, per quanto evidenziato in premessa  (pagg.  2-4),
l'illegittimita'  costituzionale   della   seconda   per   violazione
dell'art. 117, comma 2, lettera s), Cost. 
    5. L'art. 18, comma 2, e l'art. 19, comma 2, violano l'art.  117,
comma 2, lettere m) e s), Cost., in riferimento agli articoli 27-bis,
comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 2006 citato. 
        5.1. L'art. 18, comma 2, della legge provinciale  n.  17/2017
prevede che l'Agenzia pubblichi l'avviso del deposito  del  progetto,
il progetto, lo studio di impatto ambientale e la sintesi non tecnica
nel proprio sito  web  e  comunichi  l'avvenuta  pubblicazione  della
documentazione nonche' alle autorita' con competenza ambientale nelle
materie  di  cui  all'articolo,  ossia  tutela  delle  acque,  tutela
dall'inquinamento atmosferico e  acustico,  gestione  dei  rifiuti  e
tutela del suolo, tutela della natura e del paesaggio,  tutela  degli
ambienti  acquatici,  gestione  delle  risorse  idriche   e   vincoli
idrogeologici forestali. 
    Tale  previsione,  limitando  a  quelle   sopra   richiamate   la
comunicazione, non mette in condizioni di partecipare al procedimento
autorizzatorio unico tutte le possibili amministrazioni interessate. 
    Nella parte in cui non prevede che la comunicazione in  questione
debba avvenire a beneficio di tutte le autorita' competenti in merito
alla realizzazione del progetto, la  disposizione  de  qua  si  pone,
quindi, in contrasto con la norma interposta di cui all'art.  27-bis,
comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 2006 citato, che, come si
e' detto, prevede il provvedimento autorizzatorio unico regionale. 
    Il contrasto della  normativa  provinciale  con  la  disposizione
legislativa statale che si e' sopra illustrato  si  traduce,  per  le
ragioni illustrate in premessa (pagg.  2-4),  in  una  lesione  delle
competenze legislative esclusive di cui all'art. 117, comma 2, Cost.,
in materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema». 
    Il menzionato art. 27-bis,  inoltre,  rappresenta  una  norma  di
semplificazione  amministrativa  adottata  dal  legislatore   statale
nell'esercizio  della  propria  competenza  in  materia  di  «livelli
essenziali delle prestazioni» in base all'art. 117, comma 2,  lettera
m), Cost., in grado  di  vincolare  anche  i  legislatori  regionali,
conformemente a quanto ritenuto dalla  giurisprudenza  costituzionale
(sentenza n. 203 del 2012). 
        5.2. L'art. 19, comma 2, della legge provinciale  n.  17  del
2017 citata, prevede che: «Entro  il  termine  di  centoventi  giorni
dalla data della pubblicazione, il  Comitato  ambientale  esamina  il
progetto e il relativo studio di  impatto  ambientale  ed  emette  un
parere motivato sul suo prevedibile impatto ambientale, tenendo conto
delle  valutazioni  del  Gruppo  di  lavoro  e   delle   osservazioni
presentate o espresse nell'inchiesta pubblica.  Il  proponente  e  il
sindaco del comune interessato hanno diritto di essere ascoltati  dal
Comitato ambientale prima che venga rilasciato il parere.  Il  parere
puo' contenere anche indicazioni sugli interventi idonei  a  evitare,
limitare  o  compensare  gli  impatti  negativi  e  sulle  misure  di
controllo da adottarsi in fase di realizzazione del progetto». 
    Tale disposizione  contrasta  con  la  norma  interposta  di  cui
all'art. 27-bis, comma 7, del decreto legislativo  n.  152  del  2006
citato, il quale prevede che «Fatto salvo  il  rispetto  dei  termini
previsti dall'art. 32 per il caso di consultazioni  transfrontaliere,
entro dieci giorni dalla scadenza del termine  di  conclusione  della
consultazione  ovvero  dalla  data  di  ricevimento  delle  eventuali
integrazioni  documentali,   l'autorita'   competente   convoca   una
conferenza di servizi alla quale partecipano il proponente e tutte le
Amministrazioni competenti o comunque potenzialmente interessate  per
il rilascio  del  provvedimento  di  VIA  e  dei  titoli  abilitativi
necessari alla realizzazione e all'esercizio del  progetto  richiesti
dal proponente. La conferenza di servizi e'  convocata  in  modalita'
sincrona e si svolge ai sensi dell'art. 14-ter della legge  7  agosto
1990, n. 241. Il termine di conclusione della conferenza  di  servizi
e' di centoventi giorni decorrenti dalla  data  di  convocazione  dei
lavori. La determinazione motivata di conclusione della conferenza di
servizi costituisce il provvedimento autorizzatorio unico regionale e
comprende il provvedimento di VIA e i titoli  abilitativi  rilasciati
per  la  realizzazione  e   l'esercizio   del   progetto,   recandone
l'indicazione esplicita. Resta fermo che la decisione di concedere  i
titoli abilitativi di cui al periodo precedente e' assunta sulla base
del provvedimento di VIA, adottato in conformita' all'art. 25,  commi
1, 3, 4, 5 e 6, del presente decreto». 
    La difformita' dell'art. 19, comma 2,  rispetto  alla  previsione
statale e' evidente ove si consideri che nel primo non e' prevista la
conferenza  dei  servizi  e  le  relative  funzioni  nell'ambito  del
procedimento di VIA di competenza regionale, ai sensi  dell'art.  14,
comma 4 e 14-ter della legge n. 241 del 1990, secondo  quanto  invece
si dispone nella seconda. 
    La fase di valutazione da parte  del  «Comitato  ambientale»  e',
infatti, destinata a concludersi con un «parere» che «puo'  contenere
anche indicazioni sugli  interventi  idonei  a  evitare,  limitare  o
compensare gli impatti  negativi  e  sulle  misure  di  controllo  da
adottarsi in fase di realizzazione del progetto». 
    6. L'art. 20, commi 1, 3 e 4, viola l'art. 117, comma 2,  lettera
s), Cost., in riferimento agli articoli 27-bis, comma 7, del  decreto
legislativo n. 152 del 2006 citato. 
    L'art. 20, commi 1 e 3, della legge provinciale n.  17  del  2017
citato prevede che «1.  La  Giunta  provinciale  si  pronuncia  sulla
compatibilita' ambientale del progetto  entro  centocinquanta  giorni
dalla  pubblicazione,  tenendo  conto   del   parere   del   Comitato
ambientale, delle osservazioni presentate o  espresse  nell'inchiesta
pubblica. (...) 3. Il provvedimento di VIA sostituisce  a  tutti  gli
effetti ogni altra autorizzazione, parere, visto  o  nulla  osta  sul
progetto, richiesti dalle vigenti disposizioni di legge nelle materie
di cui all'art. 4, comma 1». 
    Tali disposizioni contrastano con l'art.  27-bis,  comma  7,  del
decreto legislativo n. 152 del 2006 citato. 
    In  base  alla  normativa  provinciale  richiamata,  infatti,  il
procedimento deve concludersi con una «pronuncia sulla compatibilita'
ambientale» che costituisce il «provvedimento di VIA»,  il  quale,  a
sua volta, e' destinato a sostituirsi ad ogni altro atto di assenso. 
    In base alla disciplina statale, invece,  dovrebbe  svolgersi  un
procedimento unico, che ha il suo fulcro nella conferenza di  servizi
in modalita' sincrona sensi dell'art. 14-ter  della  legge  7  agosto
1990, n. 241, e che e' destinato a concludersi  in  un  provvedimento
autorizzatorio unico che, pur comprendendo il provvedimento di VIA  e
dovendo essere basato sul medesimo, e' rispetto ad esso logicamente e
giuridicamente distinto. 
    Il comma 4 dell'art. 20 della legge provinciale n. 17/2017 citato
prevede che «Il rilascio della concessione edilizia o di altri titoli
abilitativi  alla  costruzione,   ove   richiesti,   e'   subordinato
all'approvazione di cui al comma 2». 
    Anche questa previsione e' in contrasto con  il  richiamato  art.
27-bis, comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 2006  citato,  in
quanto dispone che il rilascio di titoli abilitativi alla costruzione
(concessione edilizia o equivalente titolo) sia subordinato, e quindi
successivo,  al  provvedimento  di   VIA,   confermando   la   totale
difformita' rispetto alla natura e alle  funzioni  del  provvedimento
autorizzatorio unico regionale, comprensivo del provvedimento di  VIA
e di tutti  titoli  abilitativi  contestualmente  rilasciati  per  la
realizzazione e l'esercizio del progetto,  delineata  dal  menzionato
art. 27-bis, comma 7. 
    Dalla difformita' della  disciplina  statale  rispetto  a  quella
provinciale deriva, per quanto evidenziato in premessa (pagg. 2-4)  e
che   si   ha   per   integralmente   richiamata,    l'illegittimita'
costituzionale della seconda per violazione dell'art. 117,  comma  2,
lettera s), Cost. 
    Poiche' l'art. 27-bis, comma 7, del decreto  legislativo  n.  152
del 2006 citato rappresenta, come ricordato al  paragrafo  precedente
(5.1.),  una  norma  volta  a   porre   «livelli   essenziali   delle
prestazioni» che devono  essere  garantiti  su  tutto  il  territorio
nazionale  in  base  all'art.  117,  comma  2,  lettera  m),   Cost.,
l'illustrato contrasto di traduce anche in una violazione,  da  parte
della disposizione provinciale, di tale parametro costituzionale.